A tu per tu con René, tra pesca, chitarre e diverse vite
ZA – Esche, cappelli, chitarre, biciclette, boccali, cinema e Don Renò. Cosa manca per essere René?
RC – Beh, iniziamo con una bella domanda. Una delle poche certezze nella mia vita è che alla soglia dei 45 anni non so ancora dare una risposta alla fatidica domanda: “cosa farai da grande ?”. Quindi, partendo da questo presupposto spero di potermi trasformare e reinventare ancora molte volte.
Devo dirti che convivo molto bene con questa situazione di “instabilità del futuro” perché per me è sempre stato fondamentale poter seguire i miei istinti e le mie passioni ma anche la continua voglia di imparare qualcosa di nuovo. Quindi la risposta finale è che spero di dover affrontare ancora tante avventure nella mia vita per essere René.
“Credo sia impossibile che tu possa incontrarmi senza un cappello in testa”
Dalla musica ai Don Renò Hat
ZA – Dai palchi ai banconi con la musica a tutto volume e adesso lo sbuffo del vapore quando sei su una delle tue creazioni. Da dove arriva questa passione per i cappelli?
RC – Qui non posso essere tanto sintetico, quindi parto dall’inizio: mi sono sempre piaciuti i cappelli. Circa 15 anni fa’, avevo iniziato acquistando dei Fedora e un paio di Pork Pie che in realtà mettevo raramente nonostante mi piacessero molto. Devo però farti una confessione.
Durante la mia età di bambino/ragazzino ero abbastanza timido e sempre un po’ restio ad essere libero nel modo di vestire o di essere. È una cosa che ho imparato molto dopo. Circa 5 anni fa ho iniziato ad appassionarmi di cappelli, diciamo in stile western, belli importanti e con la falda larga. Inizialmente, proprio dovuto al mio passato di ex timido, mi sembravano davvero giganteschi e facevo fatica a portarli. Poi, con il tempo mi sono abituato e ormai fanno parte della mia vita. Credo sia impossibile che tu possa incontrarmi senza un cappello in testa.
Durante quel periodo, siccome non riuscivo mai a trovare i cappelli come li volevo ho iniziato a contattare qualche cappellificio storico italiano per cercare qualcosa in linea con le mie idee finché non mi sono imbattuto nel Cappellificio Vimercati di Monza che mi disse testualmente ” Ti faccio incontrare con Luca (rawhat) che ha un progetto qui da noi in cappellificio e sta sviluppando una linea esattamente come cerchi tu, bella Western!”. E così è nata la mia amicizia con Luca Cunati che mi ha accolto nel progetto Raw Hat fino a quando ad un certo punto ho iniziato a pensare di voler imparare a fare i Miei cappelli. Così, ho iniziato ad informarmi quasi come un maniaco su tutto quello che era il mondo del cappello, cercando di comprendere tutte le diversità dei materiali e cercando di capire esattamente quale dovesse essere la mia strada.
Feci un corso con Dario Quintavalle che è un grande maestro oltre che appassionato cappellaio per essere certo di aver compreso la strada che stavo per intraprendere e poi, una volta deciso, iniziai ad acquistare teste in legno e tutto il necessario per iniziare a lavorare il feltro.
Poi è scattata la “Malattia”.
Ho iniziato a sperimentare, sbagliare, riordinare materiale, cercare feltri sempre più alti di grammatura, duri, rigidi e difficili da lavorare handmade. Ho costruito macchinari per il vapore smontando vecchi ferri da stiro e costruito cose assurde sempre per agevolarmi il lavoro fino a raggiungere ciò che cercavo.
Insomma, mi sono divertito un casino!
I cappelli Don Renò che piacciono negli USA
ZA – E’ vero che sei ricercato anche in America? Per i tuoi cappelli?
RC – Beh, ricercato magari è troppo.
Ho avuto, con mio stupore, apprezzamento da parte del cantante dei Rival Sons, che è una band Californiana (molto figa). Mandai un cappello a Jay nel 2020 durante il covid e rimasi sorpreso di quanto lo mettesse. Nel frattempo ho fatto altri cappelli da spedire fuori dall’Italia ma quello di Jay era per me fonte di grande orgoglio. Poi, a Gennaio 2022 mi ha scritto dicendomi che sarebbe venuto in Italia per un progetto e che voleva fare un Bis prendendo un’altro Don Renò Hat. Beh, una grande soddisfazione. Così gli ho fatto un secondo cappello che da quanto vedo sta usando anche per i suoi live con i Rival Sons. Devo dire sicuramente grazie a Bob Rifo (Bloody Beetroots) per questa connessione con Jay! Da lì devo dirti che ho molti messaggi anche dagli States sia di semplice apprezzamento che di interesse per i miei cappelli.
Oltre le etichette
ZA – Le etichette non ci piacciono ma indubbiamente il tuo stile è evocativo. Chi sono i tuoi riferimenti?
RC – Urca, ne ho un casino.
Se parliamo di influenze personali in quanto essere umano ti direi tutte le band anni ’90 della scena di Seattle, tanto per iniziare.
Ancora oggi sento la loro influenza dopo solo mezzo secondo dall’inizio di qualsiasi canzone degli Alice in Chains o dei Soundgarden!
È il vero potere della musica che sicuramente ha cambiato e influenzato il mio modo di essere da ragazzo.
Se invece parliamo di cappelli devo dirti che Lonehawk Hat sono i miei preferiti. Seguo il loro profilo come fonte di grande ispirazione.
Tra esche e flutti
ZA – Sei una guida di pesca certificata. Cosa significa per te questa pratica?
RC – Si è vero, lo sono dal 2019.
La Pesca a Mosca per me è un qualcosa di magico. È una sorta di yoga per la mia mente, un modo di staccarmi e perdermi dalla vita rifugiandomi nella natura. Ho imparato a godermi la bellezza della Valle d’Aosta da quando ho iniziato a pescare.
Inizialmente avevo preso la pesca in modo sbagliato, un filo troppo competitivo e ad un certo punto ho capito che stavo sbagliando. Così ho “virato” diventando un purista della pesca con la mosca a “secca” e da lì ho trovato il mio Eden.
Sicuramente è un tipo di pesca con un basso impatto e un grande rispetto per la fauna ittica e di questi tempi non è poco.
Spingo da anni per impostare la pesca non tanto sulla quantità di pesce ma più sulla qualità.
Mi auguro che in futuro aumentino i pescatori a Mosca anche qui in Valle d’Aosta!
ZA – La stagione più bella per vedere la Valle d’Aosta?
RC – Io sono sicuramente uno spirito Autunnale, quindi direi l’Autunno!
ZA – Tre risposte veloci: luogo preferito, disco più bello, miglior film.
RC – Val di Clavalité, Alice in Chains – Dirt, Per un pugno di dollari.
René Cuignon
Classe 1978. Ha sempre seguito le sue passioni. Dallo sport alla musica, dal lavoro sui palchi con grandi artisti italiani ed internazionali a quello a contatto con la gente dietro il bancone di un bar. Nel 2020 ha cambiato vita. Concentrato su quelle che sono le sue vere passioni, usa al meglio il tempo a disposizione e cerca di sfruttarlo per poter affrontare nuove avventure.