«La montagna mi aiuta a fermare la giovinezza», aveva affermato in un’intervista per Il Giorno nel 1966. Ed è proprio la montagna, con i suoi ghiacciai, ad aver congelato il ricordo di Toni Gobbi nel cuore della gente. Un ricordo che si è mantenuto ancora vivo, a 73 anni dalla scomparsa, nella traccia di sé che ha lasciato in montagna e nelle persone. Una traccia che è stata ripercorsa dal nipote Oliviero, CEO di Grivel, assieme al regista Antonio Bocola, tra ricordi presenti e fotografie dal passato, per dare vita al documentario La traccia di Toni. Toni Gobbi da cittadino a Guida Alpina.
Presentato lunedì 2 ottobre nella Sala cinema delle Alpi della stazione intermedia di Skyway Monte Bianco, non è un caso che la prima proiezione del film sulla storica guida alpina e grande alpinista naturalizzato a Courmayeur abbia visto la luce proprio in quel luogo. È lì infatti che nel ‘43, quando ancora c’era soltanto un piccolo rifugio alpino – il Pavillon – Toni conobbe Romilda, la figlia dei gestori. È lì che iniziò, per utilizzare un’espressione tratta dai suoi scritti, la sua «pedalata a rotta di collo verso la felicità» tra le montagne valdostane.
«Questo viaggio sulle tracce di mio nonno è iniziato tanto tempo fa, quando ero piccolo. Di lui in famiglia non se ne parlava, quasi fosse un tabù, tanto spiazzante era stato il colpo della sua scomparsa», ha raccontato Oliviero Gobbi, il nipote. «Poi la curiosità ha vinto e così il desiderio di rimettere a posto i documenti e pubblicare qualcosa», ha continuato.
Le tracce battute da Toni sono state tante e non si sono fermate a scritti e documenti fotografici. Il suo passaggio si è cementificato in ghiacciai di storie e ricordi raccolti in un documentario di poco più di un’ora che vede in scena 15 testimoni. Tra loro la sorella di 17 anni più giovane Marilena, clienti diventati poi amici, come Giorgio Peretti, e ancora ex allievi, poi guide valdostane, come René Petigax e Ruggero Pellin. Un tutto che è intramezzato anche dalle osservazioni tecniche di due studiosi e scrittori come Enrico Camanni e Giorgio Daidola, rispettivamente storico dell’alpinismo uno e dello sci l’altro.
E così si ripercorre la sua vita: la fuga dalla pianura pavese, Vicenza, l’arrivo a Courmayeur, il suo pionierismo nell’essere guida, le invernali sul Monte Bianco, il rapporto con Bonatti, l’attività in via Roma. Un passaggio che, anche se la neve ha ricoperto, è rimasta intatta come lo provano le numerose guide alpine presenti in sala. «Abbiamo ricercato tutte le piste: grazie a questo lavoro abbiamo potuto scoprire la traccia ancora viva di Toni», ha affermato Oliviero Gobbi.