Giorgio Li Calzi. Il trombettista che ama Suis.

Giorgio Li Calzi, classe 1965, è compositore, trombettista e produttore musicale, promotore culturale, regista di allestimenti performativi ed è profondamente legato alla montagna e ai suoi suoni, in particolare alle atmosfere alpine tutte particolari che s’incontrano a Chamois, il Comune senz’auto della Valle d’Aosta, raggiungibile solo in funivia. Chiacchierare con Li Calzi è stata un’occasione per esplorare territori musicali fuori pista, da condividere con i lettori di ZoumAlp.

Giorgio Li Calzi. Musicista con esperienze in qualità di direttore di CHAMOISic e Torino Jazz Festival. Hai suonato dappertutto e selezionato artisti da tutto il mondo, ma ami particolarmente la montagna. Quando sali in quota senti un’atmosfera differente?

Io vivo in centro a Torino e ogni tanto a Suis, che è una frazione di Chamois, in cui ho registrato una buona parte dei miei album. Il posto è bellissimo, esattamente come molti altri posti della Valle d’Aosta, ma qui c’è una cosa in più che lo rende speciale: non ci sono automobili, essendo Chamois collegata alla terraferma dalla funivia.

Anche se pensando alla montagna in questo preciso momento non credo nella assoluta magia del contatto tra uomo e natura, perché la presenza dell’uomo è sempre costantemente ingombrante: anche a 2000 m, quando vado a registrare i suoni della montagna, sento in lontananza quelli delle auto a fondo valle, e comunque, anche una minuscola comunità, anche se fossimo in una sperduta località dell’oceano Pacifico, conserva le caratteristiche genetiche e sociali della propria specie, in positivo e in negativo. 

Ad esempio nei lavori a contatto con le istituzioni, come un festival pubblico o privato che dialoga con soggetti di varia natura, ci si scontra con le politiche, con le competizioni, le invidie, il desiderio di potere, in poche parole con la natura umana. La natura di una specie che secondo il biologo Edward Wilson, ha “caratteristiche sociali meno cooperanti rispetto a molte altre specie animali, dagli insetti agli uccelli, che non devono tanto pensare ma semplicemente trovare una maniera rapida per sopravvivere”. 

Anche la montagna porta oggi i segni evidenti del cambiamento climatico: quando 50 anni fa, da bambino, sciavo in Val di Susa su piste abbondantemente innevate, era un’altra montagna. Mio padre mi racconta che da giovane dopo la guerra sciava al Monte dei Cappuccini, che è una modesta collina di Torino: anche questa era un’altra montagna. 

Oggi se penso alla montagna, mi chiedo quale sarà la montagna che vedrà mia figlia tra qualche anno.

Giorgio Li Calzi a Chamois – Foto Baiano

Chamoisic è frutto della tua intuizione e del lavoro che hai fatto in tanti anni. Ti ricordi com’è nata l’idea del “Festival d’Altra musica in alta quota”?

CHAMOISic, “altra musica in alta quota”, è un progetto nato per caso: l’allora sindaco Remo Ducly mi chiese di organizzare un festival di jazz a Chamois, sapendo che fossi un jazzista, ma non immaginando che i miei gusti artistici sono in perenne mutamento e quindi poco inclini al mainstream. 

Credo sia importante conoscere e rappresentare tutto ciò che ci sta intorno, musica e non musica, musica contemporanea e anche la musica che l’ha generata. I generi sono un termine che serve a catalogare, non credo sia utile mettere una gabbia culturale a un pubblico. Il pubblico ha bisogno di fiducia per crescere, proprio come un bambino.

Negli anni ho imparato moltissimo lavorando a contatto con persone comunitarie e appassionate come Laura e Gigi Strocchi, che hanno seguito il festival per più di dieci anni, Federica Pozzi e Mario Martini, dai ruoli intercambiabili come il mio, Fabio Battistetti, artista e grande conoscitore della montagna, Silvia Guerra, progettista con cui CHAMOISic è diventato un festival di rete (da Chamois si è velocemente esteso ai Comuni limitrofi), ma anche a contatto con le successive progettiste, Ewa Gleisner, Lavinia Donati, Elisa Bottero… Ho imparato molto a contatto con artisti da tutto il mondo, con le differenti realtà istituzionali e non, che fanno parte della rete del festival. 

CHAMOISic è stato davvero un grande lavoro che mi ha insegnato a condividere un progetto culturale con gruppi di persone molto diverse tra loro. 

Foto Lo Presti
Chamoisic – Foto Baiano

Che cos’è oggi “l’Altra musica”?

Oggi non è facile creare le “differenze” data la globalizzazione dalla seconda metà del ‘900 in poi, ma specialmente in poco più di 20 anni di internet, oltre all’avvento del digitale.

Pensiamo alla digitalizzazione della musica in campo commerciale: sono spariti i supporti che contenevano la musica e oggi esiste un “grande fratello musicale” in cui viene riversato qualsiasi vagito che chiunque può mettere in rete. 

Apparentemente sembrerebbe un normale segno dei tempi, ma consideriamo che oggi i musicisti, rispetto anche solo a dieci anni fa, non guadagnano più le royalties, le percentuali sulle copie vendute, a meno che si arrivi a un milione di visualizzazioni, cosa peraltro di difficile controllo, e comunque anche in questo caso le royalties sono bassissime, cioè non sufficienti a guadagnare cifre dignitose con la vendita di un disco. Partendo da questo dato, album molto costosi come A night at the opera dei Queen oppure Sgt. Pepper’s dei Beatles, come anche Tubular bells di Mike Oldfield, The nightfly di Donald Fagen o Thriller di Michael Jackson, oggi non si potrebbero più realizzare. Cioè non ha più senso investire molto denaro per far lavorare gli artisti in una sala di registrazione per molti mesi. 

Se anche mettiamo da parte le rockstar o la musica di successo commerciale, fino a pochi decenni fa il mercato discografico ricompensava con le royalties anche artisti di nicchia che potevano avere un piccolo pubblico in tutto il mondo. 

Non voglio dire che oggi tutto ciò sia impossibile da ricrearsi, ma sicuramente questo specifico cambiamento è stato epocale per la musica. 

Nonostante questo, la sfaccettatura della musica continua a esistere nonostante lo strapotere del mainstream e del pop, infatti esiste musica localizzata in ogni paese che resiste e che è destinata a diverse fasce di utenza.

Nel mio ambito, cioè la musica legata all’ascolto e non (necessariamente) all’intrattenimento, oppure nei progetti culturali (che hanno certamente anche valenza turistica) e nello spettacolo dal vivo, sia per CHAMOISic che per festival con budget più importanti (come il Torino Jazz Festival a cui ho lavorato dal 2018 al 2022), per me vale lo stesso discorso: credo sia importante presentare al pubblico spettacoli inediti, musicisti inediti, prime nazionali o territoriali, chiedere (se hai le competenze artistiche e culturali) ai musicisti di lavorare a uno specifico progetto o di suonare con altri specifici musicisti. 

Come dicevo prima, credo sia importante non dimenticare le fonti che hanno generato la musica di oggi, esattamente come è importante non trascurare tutti gli aspetti di quello che sta quotidianamente intorno a noi. 

Per questo CHAMOISic non contiene un genere: presenta artisti di musica popolare e di musica contemporanea così come artisti extra-musicali. 

Io ho avuto la fortuna di crescere professionalmente anche grazie ad alcuni festival extra-genere a Torino negli anni ’80 e ’90: Musica 90 (Giampiero Gallina e Silvio Mossetto), festival che presentava la musica della tradizione del mondo insieme alle avanguardie più estreme, e Settembre Musica (Enzo Restagno e Claudio Merlo), festival di musica classica che dedicava ampio spazio alla contemporaneità, invitando  compositori come Ligeti o Steve Reich, e Kurtag che lavorava insieme a musicisti di Torino. E nel contempo festival teatrali come Infinito Ltd, Festival delle Colline e Prospettiva, o il Salone del Libro, o Cinema Giovani che sarebbe poi diventato il Torino Film Festival. Oppure grandi progetti culturali come l’allestimento del Museo del Cinema all’interno della Mole Antonelliana (nel 2000) o il lavoro progettato da Domenico De Gaetano per la Reggia di Venaria, inaugurata con un grande evento multimediale curato da Peter Greenaway (2007), e proseguito con un’importante installazione di Brian Eno nel 2012. 

Oggi abbiamo ancora a Torino alcuni ottimi festival ed eventi che lasciano segni nel cuore del pubblico e dei futuri professionisti che lavoreranno in ambito culturale.

Questa è l’”altra musica” per me, cioè musica e specialmente non musica: un libro, un film, una mostra, o semplicemente uno stato d’animo, come anche il non fare nulla.  

D’altronde se l’unico mio obiettivo nella vita fosse la musica di Miles Davis sarei un pessimo clone di Miles, come ci insegna tragicamente Il soccombente di Thomas Bernhard.

L’elaborazione e la creatività non si possono insegnare, ma ci sono strumenti che possono aiutare il processo creativo, se no non esisterebbero scuole di scrittura creativa o corsi di jazz nei Conservatori.  

Chamois: casa-studio

A Chamois si sono esibiti artisti di fama internazionale. Ci racconti qualche curiosità sul loro approccio alla montagna?

Molti musicisti che vengono a suonare a Chamois tendenzialmente preferirebbero suonare in una location di impatto naturalistico, come ad esempio in riva al lago (Lod, 2000 m). Ma poi quando invece suonano in piazza perché le nostre forze organizzative non se lo possono permettere, schermati da un tendone basso con bordi laterali per proteggere da sole, vento, pioggia, cosa che fa anche molto soffrire i fotografi, nonostante tutto, alla fine del concerto i musicisti ci ringraziano, ma ce ne accorgiamo ancora prima da come hanno suonato. 

Non siamo un festival turistico che mette i musicisti in cima a una bella montagna sotto il sole per fare delle belle foto, considerando appunto che è già difficile suonare all’aperto, tra i 1.800 e i 2.500 m, per giunta in montagna, con condizioni climatiche in costante mutamento. 

Ci fa piacere quando poi i musicisti tornano a Chamois in vacanza oppure quando gli chiediamo un feedback che poi riportiamo sul sito, e tutti tendenzialmente ci dicono che li trattiamo bene. Fa sorridere, perché dovrebbe essere una cosa automatica ma forse spesso non lo è. 

CHAMOISic è un festival che sta in montagna ma che lascia la montagna libera di essere esplorata dal pubblico, e lo stesso accade ai musicisti che quando vengono a Chamois si ritagliano tutto il tempo possibile, tra arrivi, check e concerti, per vedere quello che riescono della natura intorno a loro.

Ma non vorrei dimenticare  gli altri Comuni valdostani che fanno parte del festival: sono tutti diversi, con caratteristiche turistiche e sociali diverse, e con ognuno di questi Comuni o Enti, progettiamo insieme il contenuto. E’ questa la modalità migliore perché nessuno meglio di chi lo baita può conoscere le abitudini del proprio paese. Tutti questi Comuni sono spinti dalla passione nel creare spettacoli per il proprio territorio, e anche di entrare a far parte di un progetto di rete culturale. Questa passione viene trasmessa ai musicisti ospiti, e quindi una delle migliori restituzioni che ci ripaga della fatica burocratica nel produrre durante l’anno un festival come il nostro, è la felicità con cui rispondono gli artisti. Così come naturalmente la felicità del pubblico, che a CHAMOISic è molto artistico, proprio come piacerebbe a Oscar Wilde (“Now art should never try to be popular. The public should try to make itself artistic.”)

Lo so, inizio a parlare degli artisti ma finisco col parlare del pubblico, di cui io stesso faccio parte.

Hedwig Mollestad – foto Mazzoni

I tre gruppi/artisti che ti hanno lasciato un segno e perchè.

Difficile sceglierne solo tre, ma ci provo: 

Il gruppo tuareg Tamikrest, concerto aperto dalle parole e dalla testimonianza del reporter di guerra Domenico Quirico: la storia di un popolo nomade come i tuareg, smembrato nel corso degli ultimi cento anni prima dalla repressione della colonizzazione francese a inizio ‘900 e in seguito dalla divisione nei confini per opera delle moderne nazioni africane. A 30 anni dalla guerra civile in Niger e Mali nel 1990, ancora oggi il popolo tuareg rivendica la sua indipendenza. 

Antonio Rezza e Flavia Mastrella, Leoni D’Oro alla carriera alla Biennale Venezia, simbolo di respiro culturale in una Italia tendenzialmente bigotta, formale e conformista. Nel 2021 se il pubblico di CHAMOiSic si aspettava musica ha avuto una performance teatrale d’eccezione. 

Pupi Avati: nel 2022 se il pubblico di Chamois si aspettava musica o teatro ha avuto la narrazione sotto forma di un ininterrotto piano sequenza da parte di un grandissimo regista e autore che ha raccontato la sua formazione bolognese tra lo swing degli esordi, insieme al collega clarinettista Lucio Dalla, e i suoi film pieni di lirismo, di particolarissimi personaggi che hanno reso celebre il suo cinema, attori riscoperti e non-attori prestati al cinema. Un’esperienza umana piena di passione e dedizione per il proprio lavoro, raccontata con grande generosità a un pubblico in visibilio. 

Pupi Avati: “Il primo giorno di jazz” – foto Baiano

Lasciamoci con la musica. Tre brani da ascoltare che consigli ai lettori di ZoumAlp.

Tre artisti che sono venuti a Chamois: 

Ah di Oval (DE)

Rakkine di Vladislav Delay (FI)

Jon Balke Siwan  (NO)

Chi è Giorgio Li Calzi

Giorgio Li Calzi (Torino, 1965) compositore, trombettista e produttore musicale, promotore culturale, regista di allestimenti performativi. Ha prodotto jingles (Fiat, Birra Moretti), composto musiche per teatro e danza, suonato con musicisti come Wolfgang Flür (Kraftwerk), Lenine, Jon Balke, Marconi Union, e durante il lockdown del 2020 ha registrato con Arto Lindsay (un singolo uscito nel 2021), Thomas Feiner (un singolo uscito nel 2020), Frank Bretschneider (un EP uscito nel 2022), Stefan Németh (Radian, Innode) e la poetessa Chandra Livia Candiani (un album in uscita nel 2023). Tra i suoi ultimi album, “ITALIANI” (2013) con Gian Luigi Carlone (Banda Osiris) e Johnson Righeira, “Solaris” (2017) con il violoncellista Manuel Zigante, “Music for writers” (2017), prodotto dal Salone Internazionale del Libro di Torino, con le voci degli scrittori Andrea Bajani, Massimo Carlotto, Giuseppe Culicchia, Fabio Geda, Tiziano Scarpa. Nel 2019 porta in scena la regia dello spettacolo “Medea”, ideato per il Balletto Teatro di Torino e Rivolimusica. Con Laura Strocchi dirige dal 2010 il festival CHAMOISic a Chamois, nella valle del Cervino, unico comune italiano raggiungibile tramite funivia in cui le auto non possono circolare. Nel 2019 Chamois riceve la Bandiera Verde da Legambiente, per avere lavorato su ambiente e cultura, e nella descrizione viene citato come motivatore il festival CHAMOISic. 

Video Giorgio Li Calzi

Giorgio Li Calzi

Paolo Dellapiana e Giorgio Li Calzi

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